In questo secondo appuntamento vorrei approfondire un argomento che, specie in questo periodo di grande incertezza circa l’impatto di lungo periodo della crisi post COVID-19, preoccupa non poco gli addetti ai lavori.
Un’impresa può trovarsi nella condizione di presentare in bilancio dei crediti che potrebbero non essere pagati, in tutto o in parte, alla loro scadenza. Come quantificare questo rischio? In effetti ci si trova davanti alla difficoltà di identificare la presenza di crediti in “forse” e crediti “inesigibili”.
È opportuno precisare che i crediti nel bilancio aziendale possono arrivare a rappresentare una fetta consistente del patrimonio (anche oltre il 40%). Una variabile che fa i conti con la possibilità che alcune fatture restino insolute. Proprio in questo spazio di “incertezza” si colloca la difficoltà nel calcolo di eventuali perdite acuita, negli ultimi mesi, da una crisi di cui non si conoscono ancora con certezza gli effetti di lungo periodo. Per questo motivo è importante calcolare il meglio possibile il rischio di credito.
Quando l’impresa chiude un esercizio, il nostro ordinamento dà la possibilità di calcolare l’accantonamento al fondo di svalutazione crediti mediante un processo valutativo dei crediti di natura commerciale. I crediti sono dichiarati nel bilancio dell’impresa al “valore di presumibile realizzazione” (art. 2426, n. 8, Codice Civile). In seguito, il “valore nominale” dei crediti deve essere rettificato alla luce di perdite previste (come detto, per inesigibilità), rettifiche di fatturazione, sconti e abbuoni, e altre cause.
Per la determinazione del valore nominale dei crediti inesigibili viene in aiuto dell’impresa il principio Oic (Organismo contabile italiano) n. 15 il quale stabilisce che il valore nominale dei crediti “è rettificato tramite un fondo di svalutazione per tenere conto della possibilità che il debitore non adempia integralmente ai propri impegni contrattuali. Il fondo svalutazione crediti rettifica i crediti iscritti nell’attivo”.
L’impresa può determinare il fondo svalutazione crediti attraverso 2 metodi: il metodo analitico o il metodo forfettario. Quest’ultimo è utilizzabile soltanto in casi precisi ed è normato dall’articolo 106 del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir).
Il metodo analitico di calcolo prevede l’analisi dei crediti, la determinazione delle perdite presunte (per situazioni di inesigibilità manifeste) e la stima di ulteriori perdite alla data di chiusura dell’esercizio. Il metodo di valutazione forfettario può essere adottato nei casi in cui sia possibile raggruppare i crediti anomali e di importo non significativo in classi omogenee che rappresentino profili di rischio simili, come il settore economico, quello di appartenenza dei creditori, l’area geografica, le garanzie. A queste classi si possono applicare formule per la determinazione della ragionevole attesa di perdite su crediti.
In base all’art. 106 Tuir, la deducibilità massima a fini Ires delle svalutazioni dei crediti sarà pari allo 0,5% annuo del valore nominale. Questo fino a un ammontare complessivo di svalutazioni e accantonamenti del 5% del valore nominale dei crediti iscritti in bilancio.
Se gli accantonamenti effettuati al fondo svalutazione crediti superano questa “fatidica” soglia del 5% l’eccedenza è fiscalmente indeducibile”. Si tratta di un passaggio importante perché determina la divisione del fondo di svalutazione dei crediti in due: un fondo dedotto, e un fondo non dedotto.
Nel primo caso si tratta della somma degli accantonamenti che rientrano nei limiti stabiliti dall’articolo 106 del Tuir. Nel secondo caso riguarda la differenza tra accantonamenti civilistici (imputati a Conto Economico) e accantonamenti deducibili ai sensi dell’articolo 106 del Tuir. Questo significa che il fondo svalutazione crediti non dedotto, in caso di utilizzo a copertura di future perdite su crediti, genera una variazione in diminuzione in dichiarazione dei redditi, al fine di evitare di perdere definitivamente la quota di accantonamento non dedotto al momento dello stanziamento.
L’imprenditore può ricorrere a una garanzia ulteriore per compensare l’incertezza del trattamento fiscale: l’utilizzo dell’assicurazione del credito, che sostituisce le azioni che egli deve effettuare per mettersi al riparo da eventi imprevedibili, e da quella difficoltà di identificare la presenza di sofferenze potenziali o addirittura crediti “inesigibili”.
L’Assicurazione dei Crediti, e pertanto la copertura o la non copertura degli affari, guida non soltanto le strategie commerciali ma anche la gestione dei crediti e, nel caso in cui dovessero presentarsi, la gestione delle insolvenze.
L’obiettivo delle assicurazioni dei crediti non è soltanto quello di compensare le perdite, ma assistere l’impresa nel processo di individuazione delle perdite “prevedibili” già prima che si verifichino. Con un costo predeterminato e interamente deducibile, l’assicurazione dei crediti oltre a garantire la certezza dei flussi di cassa, anche in presenza di crediti inesigibili, elimina l’incertezza del trattamento fiscale.